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pressi del Monte Mario si disegnavan netti come i denti d’un gran rastrello d’ebano. Si udivano di tratto in tratto i gridi delle cornacchie trasvolanti in gruppi a riunirsi su i tetti della Villa Medici per discender poi nella Villa Borghese, nella piccola valle del sonno.

― Che fai tu stasera? ― chiese ad Andrea il Barbarisi.

― Veramente, non so.

― Vieni allora con noi. Per le otto abbiamo un pranzo dai Doney, al Teatro Nazionale. Inauguriamo il nuovo Restaurant, anzi i cabinets particuliers del nuovo Restaurant, dove almeno non dovremo rassegnarci, dopo le ostriche, allo scoprimento afrodisiaco della Giuditta e della Bagnante, come al Caffè di Roma. Pepe academico su ostriche finte....

― Vieni con noi, vieni con noi ― sollecitò Giulio Muséllaro.

― Siamo noi tre ― aggiunse il duca ― con Giulia Arici, con la Silva e con Maria Fortuna. Ah, una bellissima idea! Vieni con Clara Green.

― Bellissima idea! ― ripetè Ludovico.

― E dove trovo io Clara Green?

― All’Albergo d’Europa, qui accanto, in piazza di Spagna. Un tuo biglietto la renderà felice. Sii certo che lascerà qualunque impegno. Ad Andrea piacque la proposta.

― Sarà meglio ― disse ― ch’io vada a farle una visita. È probabile ch’ella sia rientrata. Non ti pare, Ruggero?

― Véstiti, e usciamo súbito.

Uscirono. Clara Green era rientrara da poco all’albergo. Accolse Andrea con una gioja in-