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un racconto di un Hoffmann erotico, scritto con la precisione plastica d’un Flaubert.
― Próvati.
― Chi sa! Del resto, io compiango il povero Gino. La Moceto ha, dicono, il più bel ventre della Cristianità....
― Mi piace quel “dicono„ ― interruppe Ruggero Grimiti.
― ... il ventre d’una Pandora infeconda, una coppa d’avorio, uno scudo raggiante, speculum voluptatis; e il più perfetto ombelico che si conosca, un piccolo ombelico circonflesso, come nelle terre cotte di Clodion, un puro suggello di grazia, un occhio cieco ma più splendido di un astro, voluptatis ocellus, da celebrarsi in un epigramma degno dell’Antologia greca.
Andrea si eccitava, in quei discorsi. Secondato dagli amici, entrò in un dialogo delle bellezze delle donne assai men castigato di quello del Firenzuola. Si risvegliavano in lui, dopo la lunga astinenza, le sensualità antiche; ed egli parlava con un calore intimo e profondo, da gran conoscitor del nudo, compiacendosi delle parole più colorite, sottilizzando come un artista e come un libertino. E, in verità, il dialogo di quei quattro giovini signori tra quelle dilettose tappezzerie bacchiche, se fosse stato raccolto, avrebbe potuto ben essere il Breviarium arcanum della corruzione elegante in questa fine del XIX secolo.
Il giorno moriva; ma l’aria era ancora pregna di luce, ritenendo la luce come una spugna ritiene l’acqua. Si vedeva, per la finestra, all’orizzonte una striscia aranciata su cui i ci-