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L’interrogato ha risposto un nome di donna, nel suo dialetto.
E io avrei voluto attenuare il romor delle ruote su i ciottoli, avrei voluto rendere tacito il nostro passaggio in quel luogo ov’era per passare il soffio d’uno spirito. Francesca, certo, aveva lo stesso sentimento.
La carrozza ha raggiunta la strada di Schifanoja, riprendendo il trotto. La luna, cerchiata di aloni, splendeva come un opale in un latte diafano. Una catena di nuvole sorgeva dal mare e si svolgeva a poco a poco in forma di globi, come un fumo volubile. Il mare mosso copriva col suo rombo tutti gli altri romori. Non mai, penso, una più grave tristezza strinse due anime.
Io ho sentito su le mie gote fredde un tepore, e mi son rivolta a Francesca per vedere s’ella si fosse accorta che piangevo. Ho incontrati i suoi occhi pieni di pianto. E siam rimaste mute, l’una accanto all’altra, con la bocca serrata, stringendoci le mani, sapendo di piangere per lui; e le lacrime scendevano a goccia a goccia, silenziosamente.
In vicinanza di Schifanoja, io ho asciugate le mie; ella, le sue. Ciascuna nascondeva la propria debolezza.
Egli era, con Delfina, con Muriella e con Ferdinando, ad attenderci nell’atrio. Perchè ho provato in fondo al cuore, verso di lui, un senso vago di diffidenza, come se un istinto mi avvertisse d’un oscuro danno? Quali dolori mi riserba l’avvenire? Potrò io sottrarmi alla passione che m’attira abbacinandomi?
Pure, quanto bene mi hanno fatto quelle poche