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i polsi. Un altro nastro verdemare, ma sottile, cingeva il collo, annodato a sinistra con un piccolo cappio. Un nastro anche eguale legava l’estremità della prodigiosa treccia cadente di sotto a un cappello di paglia coronato d’una corona di giacinti simile a quella della Pandora d’Alma Tadema. Una grossa turchese della Persia, unico gioiello, in forma d’uno scarabeo, incisa di caratteri come un talismano, fermava il collare sotto il mento.
― Aspettiamo Delfina ― ella disse. ― Poi andremo fino al cancello della Cibele. Volete?
Ella aveva pe ’l convalescente riguardi assai gentili. Andrea era ancora molto pallido e molto scarno, e gli occhi gli si erano straordinariamente ingranditi in quella magrezza; e l’espression sensuale della bocca un po’ tumida faceva uno strano e attirante contrasto con la parte superiore del viso.
― Si ― rispose. ― Anzi vi son grato.
Poi, dopo un poco di esitazione:
― Mi permettete qualche silenzio, stamani?
― Perchè mi chiedete questo?
― Mi pare di non aver la voce e di non saper dire nulla. Ma i silenzii, certe volte, possono essere gravi e infastidire e anche turbare se si prolungano. Perciò vi chiedo se mi permettete di tacere durante il cammino, e d’ascoltarvi.
― Allora, taceremo insieme ― disse ella, con un sorriso tenue.
E guardò in alto, verso la villa, con una impazienza visibile.
― Quanto tarda Delfina!