Pagina:Il piacere.djvu/222


― 210 ―

e in quei dieci giorni come interamente l’aveva ella conquistato! Le loro conversazioni, su le terrazze o su i sedili sparsi all’ombra o lungo i viali fiancheggiati di rosai, duravano talvolta ore ed ore, mentre Delfina correva come una gazelletta tra gli avvolgimenti dell’agrumeto. Ella aveva nel conversare una fluidità mirabile; profondeva un tesoro d’osservazioni delicate e penetranti; rivelavasi talvolta con un candore pieno di grazia; in proposito de’ suoi viaggi, talvolta con una sola frase pittoresca suscitava in Andrea larghe visioni di paesi e di mari lontani. Ed egli poneva un’assidua cura nel mostrare a lei il suo valore, la larghezza della sua cultura, la raffinatezza della sua educazione, la squisitezza della sua sensibilità; e un orgoglio enorme gli sollevò tutto l’essere quando ella gli disse con accento di verità, dopo la lettura della Favola d’Ermafrodito:

― Nessuna musica mi ha inebriata come questo poema e nessuna statua mi ha data della bellezza un’impressione più armonica. Certi versi mi perseguitano senza tregua e mi perseguiteranno per lunghissimo tempo, forse; tanto sono intensi.

Egli ora, seduto su i balaustri, ripensava quelle parole. Donna Maria non era più nella loggia; anzi la tenda copriva tutto l’intercolunnio. Sarebbe forse discesa tra poco. Doveva egli scriverle il madrigale, secondo la promessa? Il piccolo supplizio del versificare a furia gli parve insoffribile, in quel grandioso e gaudioso giardino ove il sole di settembre faceva dischiudere una specie di primavera soprannaturale.