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Tra le colonne del vestibolo passava l’aria marina e moveva di tratto in tratto le alte tende di Karamanieh recando il profumo dei giardini sottoposti. Negli intercolunnii apparivano le cime dei cipressi nere, solide, come di ebano, sopra un cielo diafano, tutto palpitante di stelle.
Donna Maria si mise al pianoforte, dicendo:
― Già che siamo nell’antico accennerò una melodia del Paisiello nella Nina pazza, una cosa divina.
Ella cantava, accompagnandosi. Nel fuoco del canto i due timbri della sua voce si fondevano come due metalli preziosi componendo un sol metallo sonoro, caldo, pieghevole, vibrante. La melodia del Paisiello, semplice, pura, spontanea, piena di soavità accorata e di alata tristezza, su un accompagnamento chiarissimo, sgorgando dalla bella bocca afflitta s’inalzava con tal fiamma di passione che il convalescente, turbato fin nel profondo, sentì passarsi per le vene le note a una a una, come se nel corpo il sangue gli si fosse arrestato ad ascoltare. Un gelo sottile gli prendeva le radici de’ capelli; ombre rapide e spesse gli cadevano su gli occhi; l’ansia gli premeva il respiro. E l’intensità della sensazione, ne’ suoi nervi acuiti, era tanta ch’egli doveva fare uno sforzo per contenere uno scoppio di lacrime.
― Oh, Maria mia! ― esclamò Donna Francesca, baciando teneramente su i capelli la cantatrice quando tacque.
Andrea non parlò; rimase seduto nella poltrona, con le spalle rivolte al lume, col viso in ombra.