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tuto ricercare altri gaudii dopo aver gustato il supremo? Come il suo spirito aveva potuto accogliere altre agitazioni dopo aver sentito in sè l’indimenticabile tumulto della forza creatrice? Come le sue mani avevan potuto oziare e lascivire su i corpi delle femmine dopo aver sentito erompere dalle dita una forma sostanziale? Come, infine, i suoi sensi avean potuto indebolirsi e pervertirsi nella bassa lussuria dopo essere stati illuminati da una sensibilità che coglieva nelle apparenze le linee invisibili, percepiva l’impercettibile, indovinava i pensieri nascosti della Natura?
Un improvviso entusiasmo l’invase. In quel mattin religioso, egli voleva di nuovo inginocchiarsi all’altare e, secondo il verso del Goethe, leggere i suoi atti di divozione nella liturgia d’Omero.
“Ma se la mia intelligenza fosse decaduta? Se la mia mano avesse perduta la prontezza? S’io non fossi più degno?„ A questo dubbio, l’assalse uno sbigottimento così forte ch’egli, con una smania puerile, si mise a cercare qual potesse essere una prova immediata per aver la certezza che il suo era un irragionevole timore. Avrebbe voluto súbito fare un esperimento reale: comporre una strofa difficile, disegnare una figura, incidere un rame, sciogliere un problema di forme. Ebbene? E poi? non sarebbe stato quello un esperimento fallace? La lenta decadenza dell’ingegno può anche essere inconsciente: qui sta il terribile. L’artista che a poco a poco perde le sue facoltà non si accorge della sua debolezza progressiva; poichè insieme