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di campanili, di colonne e d’obelischi, incoronata di cupole e di rotonde, nettamente intagliata, come un’acropoli, nel pieno azzurro.
― Ave, Roma. Moriturus te salutat ― disse Andrea Sperelli, gittando il residuo della sigaretta, verso l’Urbe.
Poi soggiunse:
― In verità, cari amici, un colpo di spada oggi mi seccherebbe.
Erano nella Villa Sciarra, già per metà disonorata dai fabricatori di case nuove; e passavano in un viale di lauri alti e snelli, tra due spalliere di rose. Il Santa Margherita, sporgendosi fuor dello sportello, vide un’altra carrozza, ferma sul piazzale, d’innanzi alla villa; e disse:
― Ci aspettano già.
Guardò l’orologio. Mancavano dieci minuti all’ora precisa. Fece fermare il legno; e insieme col testimone e col chirurgo si diressero verso gli avversari. Andrea rimase nel viale, ad attendere. Mentalmente, si mise a svolgere alcune azioni di offesa e di difesa, ch’egli intendeva eseguire con probabilità di esito; ma lo distraevano i vaghi miracoli della luce e dell’ombra per l’intrico dei lauri. I suoi occhi erravano dietro le apparenze dei rami commossi dal vento mattutino, mentre il suo animo meditava la ferita; e li alberi, gentili come nelle amorose allegorie di Francesco Petrarca, gli facevano sospiri in sul capo ove regnava il pensiero del buon colpo.
Sopraggiunse a chiamarlo il Barbarisi, dicendo: