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chè ella portava nella vita mondana una bontà nativa, una grande indulgenza, una cortesia per tutti eguale, e una parlatura melodiosa. Era, insomma, una di quelle donne amabili, senza profondità nè di spirito nè d’intelletto, un poco indolenti, che sembrano nate a vivere in piacevolezza e a cullarsi ne’ discreti amori come gli uccelli su gli alberi fiorenti.

Quando udì le frasi di Andrea, ella esclamò, con un grazioso stupore:

― Dimenticate Elena così presto?

Poi, dopo alcuni giorni di graziose esitazioni, le piacque di cedere; e non di rado ella parlava d’Elena al giovine infedele, senza gelosia, candidamente.

― Ma perchè mai sarà partita prima del solito, quest’anno? ― gli chiese una volta, sorridendo.

― Io non so ― rispose Andrea, senza poter nascondere un po’ d’impazienza e di amarezza.

― Tutto, proprio, è finito?

― Bianca, vi prego, parliamo di noi! ― interruppe egli con la voce alterata, poichè quei discorsi lo turbavano e irritavano.

Ella rimase un momento pensosa, come se volesse sciogliere un enigma; quindi sorrise scotendo la testa, come se rinunziasse, con una fugace ombra di malinconia su gli occhi.

― Così è l’amore.

E rese all’amante le carezze.

Andrea, possedendola, possedeva in lei tutte le gentili donne fiorentine del Quattrocento, alle quali cantava il Magnifico: