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trico, più dell’inchiostro; il bulino, più della penna. Già uno de’ suoi maggiori, Giusto Sperelli, aveva esperimentata l’incisione. Alcune stampe di lui, eseguite intorno l’anno 1520, rivelavano manifestamente l’influenza di Antonio Pollajuolo, per la profondità e quasi direi acerbità del segno. Andrea praticava la maniera rembrandtesca a tratti liberi e la maniera nera prediletta dagli acquafortisti inglesi della scuola del Green, del Dixon, dell’Earlom. Egli aveva formata la sua educazione su tutti li esemplari, aveva studiata partitamente la ricerca di ciascuno intagliatore, aveva imparato da Alberto Durero e dal Parmigianino, da Marc’Antonio e dall’Holbein, da Annibale Caracci e dal Marc-Ardell, da Guido e dal Callotta, dal Toschi e da Gerardo Audran; ma l’intendimento suo, d’innanzi al rame, era questo: rischiarare con li effetti di luce del Rembrandt le eleganze di disegno de’ quattrocentisti fiorentini appartenenti alla seconda generazione come Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandajo e Filippino Lippi.

I due rami recenti rappresentavano, in due episodii d’amore, due attitudini della bellezza d’Elena Muti; e prendevano il titolo dalli accessorii.

Tra le cose più preziose possedute da Andrea Sperelli era una coperta di seta fina, d’un colore azzurro disfatto, intorno a cui giravano i dodici segni dello Zodiaco in ricamo, con le denominazioni Aries, Taurus, Gemini, Cancer, Leo, Virgo, Libra, Scorpius, Arcitenens, Caper, Amphora, Pisces a caratteri gotici. Il Sole trapunto d’oro occupava il centro del cerchio; le