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Andrea fece un atto d’impazienza e si voltò per andarsene.
― Bonne chance! ― gli gridò il duca.
Andrea entrò sotto il portico. In fondo a lui, la vanità godeva di quella diceria già sorta. Egli ora si sentiva più sicuro, più leggero, quasi lieto, pieno d’un intimo compiacimento. Le parole del Grimiti gli avevano d’un tratto sollevato gli spiriti, come un sorso d’un liquor cordiale. Mentre saliva le scale, gli cresceva la speranza. Giunto avanti alla porta, aspettò per contenere l’ansia. Suonò.
Il servo lo riconobbe; e disse súbito:
― Se il signor Conte ha la bontà d’attendere un momento, vado ad avvertire Mademoiselle.
Egli assentì; e si mise a passeggiare su e giù per la vasta anticamera ove gli pareva ripercuotersi forte il tumulto del suo sangue. Le lanterne di ferro battuto illuminavano inegualmente il cuoio delle pareti, le cassapanche scolpite, i busti antichi su’ piedistalli di broccatello. Sotto il baldacchino splendeva di ricami l’impresa ducale; un liocorno d’oro in campo rosso. In mezzo a un tavolo, un piatto di bronzo era colmo di biglietti; e, gittandovi gli occhi sopra, Andrea vide quello recente del Grimiti. “Bonne chance!„ Gli risonava ancor negli orecchi l’augurio ironico.
Madamoiselle apparve, dicendo:
― La duchessa sta un poco meglio. Credo che il conte potrà passare, un momento. Venga, di grazia, con me.
Ella era una donna di gioventù già sfiorita, più tosto sottile, vestita di nero, con due occhi