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voluta restar la palpitante e tremendo ad ogni momento per la vita del ferito a lei affidato. Egli però sembrava un po’ più sollevato, poichè aperti alquanto gli occhi, e volgendoli attorno, nel delirio mormorava. Ella si è consacrata a Dio! Poteva esser mia.... mia per sempre... ed io la tradii....

E seguitando a parlare fra sè con voce affannosa. «Emma, soggiungeva, Emma mia, io pure fui barbaramente tradito, ma ben me lo meritava poichè così crudelmente ti offesi. Però non ti ho mai dimenticata.... tornai per rivederti.... per implorare il tuo perdono.... ma tu.... tu eri già di Dio! forse nel medesimo istante, in che io sperava il tuo perdono tu alzavi la mano a maledirmi!... - e acceso in volto con occhi scintillanti, delirando: - Ah taci, taci, proseguiva non pronunziare quella parola che m’induce alla disperazione. Lo vedi? riarso, abbattuto, io sono vicino al fatale momento del giudizio eterno.... oh! la tua bell’anima implori per me pietà dal Creatore! non mi negare deh! non mi negare il perdono; quel perdono che se ora l’udissi dalle tue labbra mi farebbe morir contento!...» «Ella ti perdona», proruppe una voce angosciosa e rotta dai singhiozzi. L’infelice, che udiva col cuore dilaniato quegli accenti inspirati dal trasporto della passione e dall’asprezza del rimorso, non aveva potuto più a lungo resistere. A quella parola inattesa, proferita col sentimento della più profonda pietà, il giovane si sforzò di sollevarsi, e fissati gli occhi esterrefatti sul volto di lei, la riconobbe, sorrise, e come inebriato da una piena di mille affetti, proferendo a mezza voce il nome di Emma, ricadde spossato sul guanciale. La violenta commozione inacerbì la ferita, ed aggravò il di lui stato. La sera stessa egli non era più. Prima di morire cercò ancora con gli occhi moribondi suor Celeste, la rivide ancora sorrise di nuovo, e pago di tanta inspirata felicità, si richiuse a perpetuo sonno.

IV.


Da quel giorno la monaca non potè più restare ad assistere i feriti. Un pallore mortale, un tremito convulso