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prendeva; finalmente dopo un lungo contrasto tra il bisogno e la volontà, la stanchezza le vinse le forze, e s’addormentò.

Ma in breve la veniva a ridestare il rumore della porta che si apriva, e, come a lei, anche alla fanciulla veniva rotto il sonno. Era comparso sulla soglia il nostro artista, il quale avanzatosi, con il più grande abbattimento depose sopra una tavola, che era li presso, il suo quadro. — Oh Giacomo mio! — esclamò la madre, andandogli incontro piena d’affetto. Egli con voce che rivelava il massimo scoraggiamento: — Oh mamma, disse, io non ho potuto portarti nulla! Io sono un disgraziato; la mia arte non basta a sostentarvi! Ed ora, ora che sperava col tenue guadagno ricavato da questo mio lavoro, che avevo con tanto affetto, con tanta sollecitudine compilo, di potervi recare qualche sollievo, ora ho dovuto sottopormi al capriccio di un ricco, ho dovuto soffrire un rifiuto.... un avvilimento!... E nel dire queste parole, respingendo da sè la madre, non udendo la voce della sorella che a sè lo chiamava, uscì precipitoso nella strada!

Agitate dai più cupi pensieri, acceso da una specie d’esaltazione, sapendo che stava per mancare il pane alla sua sventurata famiglia, aveva presa inavvedutamente la direzione dell’Arno. Egli cammina a passo veloce, concitato: non vede nulla, non sente, non desidera più nulla; solo, ad un tratto s’arresta. Il cielo è coperto di nuvole, un silenzio profondo regna d’intorno. Egli fìssa gli occhi su quel volume d’acque gorgoglianti; un sinistro pensiero l’assale; ei l’accoglie, protende le braccia, e sta per slanciare il salto, quando la luna, squarciata una nuvoletta che la celava, riflette la sua pallida luce sulle acque. Quella luce improvvisa, mesta, soave, parve l’apparizione di una divinità che lo respingesse dall’empio attentato: si