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ATTO PRIMO.

Venne pur venne al fin quel da noi tăto

Bramato giorno; e fi compiacque il Sole,

Che i suoi splendori à questo Sol camparte,

Schiarir le nostre tenebre. Finito

É il lungo essilio, e già potem del Cielo

Goderci i sospirati, almi riposi.

O Morte, e come puoi con pianti eterni

Sospirare i tuoi danni, che già fei

Morta nel morto morto CHRISTO?

Com’ape ardita, che l’aguglio lascia

ne la piaga che fece, e vi s’estingue;

O come chi trafigge

Nemico, c’habbia altergo,

Che con la punta del suo ferro il tocca;

Ma pria nel proprio petto

Nasconde il ferro stesso fino à l’elsa.

Perdesti vincitrice,

Rott’hai la falce, e rintuzzati i dardi;

E s’ancor pur ferisci,

Il tuo ferire è tale,

Che morte è vita, o il morir vitale.

F vedrai d’hoggi inanti,

Misera, o infelice,

Dal funeral tuo rogo,

Quasi nova Fenice,

Rinascer l’huom già incenerito, e spento;

E da mortal ferita

Uscir medica mano,

E fra i sepolcri tuoi spirar la vita.

O Divina pietà, venn’egli stesso,

E mandar vi potea. Che venne? recise

se medesmo:o haea mille modi

Di liberarci il suo sapere eterno,

senza