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ATTO PRIMO.
Vita ne’ morti, e quella i vivi estinse.
Chiuse l’alma al Sepolcro, e non conobbe
Le sue reliquie stesse, ch’eran sparse
Tra cento e mille incenerite membra.
Ma potenza infinita le raggiunse
In un baleno; e’l mio primier sembiante,
Formò di nuovo: e mentre io miro. e ammiro
Istupidito il magistero, à un tratto
Mi veggo entro il mio corpo, e gli dò vita.
Vidi ben io, ciò che si fè, ma il modo
Con che si fè, non fù da me capito;
Ch’intelletto creato
Capir non può, come sue forze adopri
Un sapere, un poter tanto infinito.
Ei quì mi manda ad iscovrire altrui
Parte di quel, che nell’Inferno è occorso,
A l’apparir di quell’Anima invitta,
Ch’entro’l carcere eterno,
Mal grado di Satan, libera stassi,
Anzi con picciol cenno
Scioglie i pregioni, e i pregionieri allaccia.
E chi creduto, ò mai sperato havrebbe.
Che dovea por sossopra
Un morto, un Crocifisso
Il Tiranno crudel del cieco abisso?
Ma colà s’apre un’altro anello, E parmi,
Ch’altro morto risorga. Io creder voglio,
Che commune è la sorte;
C’hoggi è destrutto il Regno della Morte.
O’ caro mio bel Sole, ò Ciel benigno,
O’ piacevol terren, dove già nacqui,
Dove già vissi, e dove al fin partendo,
Lasciai la greve, e corrottibil salma,
Pur