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Del
- 4t ATTO QVINTO.
Dii miftra’eil Giona i cefi amari , Che ingiallilo dal monflro Dopò Ire giorni ef/tr douea condullo più viuaci,chtprìa)nel lido afe tulle .
Queflo accader vedremo Al commune Signor,che foco dianzi Gtunfe de la fua vita al punto tflremt: Hi par^h'altr hor n astanzi Di quel Dio,che potè dar vita al Mondo , Che quello freddo, t lagrtmeuol (ondo.
JL hi,qual femt,horfi copre Sotto poco terrenoqual bel Sol* Giunto à l’occafo, à noi la notti fcopre r HI manca,chi fi duole ; ìiouel Giona veder, con breui giri Affogato nel mar dt' fuoi maturi.
Ma forgerà ben prefio Da l'occafo,oue cadde, il Sol pii vago, X dopò queflo, e l’altro dì funtilo Haurà più bella imago ; X à l’hemifpero,ohi farà ritorno, firmo fi arà.ptr fanti turno il giorno.
X quel germe dittino Rifiorito, darà frutto immortale : X vedrà volto il fuo fatai deflino> Sicur d’ogni altro male .
Giona à sì Itti a,e auuenturata fotte, Cht vita hauràtd6ii'incontro la morti.