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1 SCENA OTTAVA. 147 / TocanzÀ erto dei Citi baft. e colonna , Hor fon mole d'abiffo,e’l più difforme Saffo,c habbia te mura di Sub tilt.

Uteri Difcepol fui-,già fon nemico Sei gran ftgltuoldt Dio: buri co'l cenno Mille infermi fanai j hoggi languifco Di morbo tal,eh'ogni remedio efclud t.

Gli [pirli bieri cacciai da' corpi offrfft ; Hoggi Salàn dentro'l mio peno alberga.

Hieri polea ridurre i morti in lira: Hoggi mefleffovccido. bieri fui vafo D'elettione, hor reprobato,& empio, h erede de l'inferno, t[ca del foco, Cibo dt' vermi,e reo d'eterna morte.

Ma peggio ancor conuiemmt ; Ch’à lamia colpa infame ; Lieue VI tormento eterno ; Poco e quanto al [uo fen chiude l’Inferno, forza dunque farà,eh'altra prigioni , Altro fuoco per mi l'ira del Culo Procuri : an{i Satàn tema, e foffetto Haurà di me,che no'l tradifea, e fuori Mi cacciirà, per mznienerfi il Regno.

Douandero pefle lei al del Mondo, Se.per quant'to difeerno, Il Ciel mi caccia,e non mi vuol l'inferno ?

r Mor. O' sfortunato , in cui s’adempie in tutto Ciò che dif e colui, che vide l'empio Esaltato qual Cedro; e nel p'Jf3ggio Uon vel troni,ni fi trono per lui Luogo ottegiffe,oue ferma[[eil piede.

i Giud.Ab ebepenfea tl Ciel, nifi a p’ù mai 1 Ombra d’Inferno5 efi diffolua in tutto , G i Quan-