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a quello delle metamorfosi, sotto i titoli di Ἑτεροία, Μεταμορφῶσεις, Ἀλλοιώσεις, o Ἑτεροιούμενα, quali si sa essere stati Corinna, Callistene olintio discepolo di Aristotele, Antigono caristio che visse a’ tempi di Tolommeo Filadelfo, Nicandro coetaneo di Attalo II, e Partenio1.
È noto a tutti i lettori dell’opera di Ovidio che nel libro X di essa descrivendo questo poeta gli alberi di ogni genere, che movean da presso ad Orfeo, novera tra essi il cipresso, e ragionando di questo scrive i seguenti versi, de’ quali non sappiamo rinvenire alcun altro più opportuno comentario al novello pompejano dipinto, e quindi, benché notissimi, qui interi li trascriviamo:
Affuit huic turbae, metas imitata, cupressus,
Nunc arbor, puer ante deo dilectus ab illo,
Qui citharam nervis, et nervis temperat arcus.
Namque sacer Nymphis, Carthaea, tenentibus arva,
Ingens cervus erat: lateque patentibus altas
Ipse suo capiti praebebat cornibus umbras:
Cornus fulgebant auro: demissaque in armos
Pendebant tereti gemmata monilia collo.
Bulla super frontem parvis argentea loris
Vincta movebatur; parilesque ex aere nitebant
Auribus in geminis, circum cava tempora, baccae.
Isque metu vacuus, naturalique pavore
Deposito, celebrare domos, mulcendaque colla
Quamlibet ignotis manibus praebere solebat.
Sed tamen ante alios, Ceae pulcherrime gentis,
- ↑ Vedi la prefaz. del Gierig alle metamorfosi di Ovidio.