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anche da Procopio1. Che ferace di cipressi sia stata poi la Babilonia, e l’Assiria, pruovalo il fatto di aver ivi Alessandro formata con essi una flotta2: ed un Κυπαρισσὼν cupressetus nomina pure Strabone presso al luogo ove tragittavasi il Capro3.

In Italia secondo l’insegnamento di Plinio fu straniero (advena) il cipresso, e vi venne denominato Tarantino4, forse perchè in Taranto fu per la prima volta introdotto5. Secondo lo stesso scrittore nella nostra Aenaria non altrimenti che in Creta il cipresso reciso si riproduceva. L’Arduino dimostra assai bene che in questo luogo di Plinio non vada letto in Tarrha in vece di in Aenaria, come da taluno si opinava6.

Non è mio intendimento ricordar qui tutti gli usi, a cui non solo nelle arti industriali, ma anche nelle belle, venne rivolto il cipresso. Possono essi leggersi additati in più luoghi di Omero7, di Teocrito8, di Plinio9, di Teofrasto10, di Vitruvio11, di Senofonte12, di

  1. Persicor. lib. II cap. 14.
  2. Arrian. lib. VII c. 19, Strabo lib. XVI p, 741 Casaub.
  3. Strabo lib. XVI pag. 738.
  4. Cato de re rust., c. 151.
  5. Plin. hist. nat. lib. XVI segm. 60.
  6. In notis et emendat. ad Plinii lib. XVI n. XVIII.
  7. Odyss. lib. I v. 340, e lib. XVII v. 400.
  8. Idyll. E v. 104.
  9. Vedi il già citato libro XVI seg. 70 e 79.
  10. Histor. plantar. lib. V cap. 5.
  11. Archit. lib. II cap. 9, lib. VII cap. 3 ed ivi gli annotatori. Vedi pure Palladio de re rust. lib. I cap. 13 e Columella lib. IV cap. i6.
  12. Κύρου ἀνάβασ. lib. V cap 3.