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– Come! parte già, signor Arbace?
— Sì.
— Ma stasera c'è il concerto alla Sala Ariosto. Non le interessa?
— Sì, ma non posso fermarmi. Sono atteso a Roma.
– Quand'è così...
A mezzogiorno, col direttissimo, filava alla volta di Roma, tremando come un febbricitante e inghiottendo con rabbia i singhiozzi che volevano forzargli la gola.
Ah perché mai era andato a Ferrara!
*
Giunse a Roma alle otto di sera.
Maura non era in casa.
La cameriera gli apparecchiò la cena. Mangiò in silenzio, poi passò nel suo studio a fumare nella corta pipa e a sfogliare la corrispondenza.
Le carte lasciate sul tavolino nel partire erano un po' spostate, ma nessuna mancava. Cercò nel mucchio la lettera di Glorietta, la osservò un momento, e se la rimise in tasca. Infine rimase sdraiato sulla poltrona a fumare e a fantasticare. Teneva gli occhi chiusi. Era molto pallido.
Maura rientrò a mezzanotte. Non entrò subito nello studio. Prima si svestì, poi andò