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qualche passo, e disse con un tono di allucinato:
— Dunque noi ci sposeremo.....
Glorietta lo guardò impaurita. Lo guardò più volte senza rispondere, infine abbassò gli occhi sulle proprie ginocchia, e li tenne così lungamente, senza tristezza.
Franco si fece orribilmente pallido. Ma poi ebbe un richiamo del suo istinto di maschio, le sedette accanto, le prese una mano, le strinse il polso gracilissimo in cui si sentiva un piccolo battito lontano, e insinuò:
— È vero che ci sposeremo? è vero che sarete la mia adorata compagna, la mia sposa dolcissima?
Ed ella — ferma come una statuetta d'avorio — sottovoce:
— No. Mai.
*
Franco era già da quattro giorni a Ferrara. La mattina del quinto, dopo una notte tormentata, si svegliò alle dieci.
Il cielo invernale sfaldava dei lunghi sbadigli grigi nella sua camera d'albergo. Si alzò lentamente, si abbigliò senza fretta, poi scese nella hall. Là rimase a passeggiare un quarto d'ora, riflettendo indecisissimo. Finalmente si avvicinò al «bureau» e chiese il conto. La signora si stupì.