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era in quel breve cerchio di ardore su quella maschera dolorosa di donna che ha tutto visto senza aver vissuto.
Egli le si inginocchiò davanti, le prese un lembo della veste, e lo baciò devotamente, balbettando:
— Perdono! Perdono! non sono degno di voi.
Glorietta ebbe un molo di tenerezza che si diffuse in un gesto largo di bontà serena sul capo del genuflesso:
— Amico mio! — mormorò e lo sollevò fino a lei.
— Grazie! — disse Franco. — Credevo che non poteste più stimarmi. Quello che ho fatto è talmente colpevole...
— Vi prego, non parliamone più. D'altra parte io non ho alcun diritto di giudicarvi.
— No, voi dovete giudicarmi e condannarmi. Io non conosco altri giudici che voi. Da voi voglio una parola di esaltazione o di castigo, qualcosa che mi faccia soffrire atrocemente o sperare divinamente.
— Sperare? E che cosa?...
— Oh, Glorietta, io non so bene quello che spero. Ma ora, vedendovi, sentendovi parlare, io ho come l'illuminazione di tutta la mia vita, io ho la certezza che dovrò vivere solo per voi, solo con voi, e che i nostri destini sono legati e paralleli. Glorietta, io ho