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Franco, che aveva avuto la consegna di non andare alla villa se non di notte, e di non entrare se non trovando il cancello di servizio aperto, fu stupito quella sera di trovarlo chiuso, e di non vedere per oltre due ore alcuno che venisse ad aprirlo.

La camera di Maura era illuminata, si distingueva la luce dietro le persiane e i cortinaggi. Quella luce persisteva, ma nessun rumore dall'interno, nessuno che scendesse in giardino.

Provò ad emettere un breve sibilo sottile. Niente. Allora prese una manata di sassolini, e li scagliò contro le persiane. Niente. Sfiduciato, snervato, se ne tornò a casa, verso l'una, pensando che forse Maura si era addormentata senza spegnere la luce.

Ma alle otto di mattina la cameriera di sua zia venne a svegliarlo in fretta, annunciandogli che una signora lo attendeva in anticamera.

Franco infilò rapidamente il pigiama, uscì di camera, e trovò Maura anelante, ansante, che lo prese per una mano e fece il gesto di condurlo via:

— Vieni, vieni subito, andiamo via. C'è giù la macchina, presto, non c'è tempo da perdere, scappiamo.

— Ma che cosa è successo? Non vuoi nemmeno che mi vesta?