Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 65 — |
me voluttuose, l'addizione della voluttà con qualcosa di aereo e di sconfinante che non si trovava nelle grigie pupille della cortigiana.
Franco non volle cercare altrove questo «qualcosa» perchè gli parve irraggiungibile. Vi rinunziò in precedenza, come ad un'utopia, a un sogno troppo lirico, e si riadagiò pigramente nel letto di Maura, che, del resto, era ricco di seduzione e pareva bastargli.
Vi si adagiò col cuore un po' oppresso di rimpianto, di quel rimpianto dolce e buono che ogni poeta ha per i propri sogni, che egli costruisce e poi disfa con le sue stesse mani, di fronte alla realtà categorica e possente che impone di essere ragionevoli.
Prima aveva creduto di poter deridere l'amore e sottrarsi alle sue spire. Vi era riuscito, ma a patto di non vivere. Ora che, per vivere, avrebbe voluto l'amore, l'avrebbe accettato con tutte le sue insidie e i suoi pericoli, si accorgeva di non poterlo raggiungere, di non esserne degno. E si rassegnava ai baci folli dell'amatrice, al dono di una carne voluttuosa e violenta, satura di febbri e di astuzie, dalla quale avrebbe potuto ricavare tutta la gioia che gli era necessaria.
Ma per Maura era un'altra cosa. Costei non aveva prodigato la propria giovinezza in avventure forsennate, non aveva colleziona-