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corato un rimprovero dolce e triste, quasi una espressione di pietà, egli sentì che Maura non gli bastava, perchè in quelle carezze incendiarie, in quegli spasimi che lo soverchiavano, in quelle furiose espressioni di sensualità, l'anima restava assente, ed egli non trovava che una sofferenza, uno strazio lacerante dei suoi nervi, null'altro. No, non era l'amore, non era l'amore. Era una voluttà più potente delle altre, era l'ebbrezza di un tuffo cieco in una marea voluttuosa: ma non era, non era l'amore. Per dimostrarselo, Franco si domandò se sarebbe stato capace di uccidersi per Maura. E dovette rispondersi di no. Era dunque evidente che non l'amava.

Per ciò che si ama, si deve poter morire, a un momento dato. Chi non sa concepire questa verità elementare, non ha mai amato e non è degno di amare.

Allora, inconsciamente, egli giunse ad associare nel suo sogno le immagini così diverse di Glorietta e di Maura. Le avvicinò, le pose a contatto, fece in modo che si sovrapponessero. La trasparenza della vergine davanti alla solidità carnosa della femmina ardente, non la cancellava, ma non ne veniva sopraffatta. Erano due ligure che si compenetravano completandosi. Se Maura avesse avuto la bellezza spirituale di Glorietta, egli l'avrebbe amata senza dubbio. E se Glorietta avesse accol-