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Glorietta respirava la grazia dei gelsomini, la fragilità dei cristalli, la inconsistenza delle nuvole, la purezza dei mattini bianchi e tremolanti. Le sue palpebre erano due petali di fiori, pallidi e sfumati in un'ombra violacea: ma sotto vi erano due occhi di mistero e di potenza.
Franco la contemplava con l'ammirazione che sanno suscitare i miracoli, le cose a cui non si crede.
Ma quel miracolo di purezza e di trasparenza, quello stelo gentilissimo in cui l'anima saliva perennemente sbocciando in sguardi e in parole siderali, aveva delle labbra rosse, carnose e un po' sporgenti. E dei piccoli denti scintillanti, compatti, meravigliosi. Franco a sua insaputa, si sorprese ad osservare attentamente quelle labbra e quei denti sanamente sensuali, mentre la fanciulla gli diceva ancora delle cose accorate.
— Bisogna superare l'amore. Bisogna rinunziare a questo sentimento che esclude la bontà e la purità. O meglio, estenderlo a tutte le creature, amarle tutte con la stessa forza e con la stessa dedizione: e allora l'amore diventa «l'Amore»: allora si possono compiere dei prodigi. Ma la passione per una sola persona, ahimè che cosa abbominevole! Non si cerca che della violenza, delle carezze bestiali, dalle quali l'anima fugge spau-