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Glorietta sospirò, e aprì sul volto di Franco due grandi occhi fondi e rassegnati, due occhi intensi e vaporosi insieme, dove lo spirito affluiva con tutti i suoi fascini più segreti.

Franco non poteva evitare un certo turbamento, che gli ridestava nell'intimo delle vibrazioni assopite, accatastate da anni senza cura, senza averle più richiamate, giù in fondo, dove si accumula la sostanza vera dell'anima, che poi risalirà al momento propizio per colorarla tutta, agitata da una scossa, premuta da una volontà di volo, da un trasalimento che fa balzare, da un richiamo dell'immensità.

Glorietta Crimi aveva quel giorno una strana e commovente bellezza.

I capelli cadenti dietro la nuca e sui lati in un fascio dolcemente stanco, il viso affilato e pallidissimo di un pallore quasi artificiale che pareva un velo deposto dal sogno, lo sguardo liricamente imbevuto di luci lontane, le spalle larghe, ma sottili, e un po' curve in un gesto di abbandono generoso che la faceva parere un po' malata, le mani di musicista, finissime e nervose. Vestiva una camicetta di velo di seta e tulle, azzurrina, assai poco scollata, che era anch'essa come una delicatissima epidermide di persona malata e sensibile.