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sempre nervosamente, ma sicuro che prima o poi sarebbe tornata.
Verso le ultime sere cominciò ad essere meno sicuro e più nervoso. Finalmente l'ottavo giorno, quando già il giovanotto non l'aspettava più e stava mettendo la mano al telefono per chiamare una Rosetta qualsiasi, la misteriosissima signora ricomparve. E la serie degli «ultimi» addii ricominciò, a sbalzi, a intervalli diversi.
Ma quello che Franco non seppe mai, e a cui non avrebbe mai creduto, è che donna Lauretta agiva in perfetta buona fede: era cioè pienamente convinta, ogni volta che andava da lui, che quella sarebbe stata proprio l'ultima. Ne era così convinta, che cercava di mettere in quelle ore di estasi una intensità, un ardore, una febbre di cui non era mai stata capace. E vi riusciva appunto perché sapeva suggestionarsi fino a credere davvero che non sarebbe più tornata a quelle carezze.
Immaginatevi un certo numero di isolotti, in un mare nel quale navigate placidamente. Essi non sono sulla vostra rotta. Approdate al primo, ritardando la vostra navigazione, scendete, indugiate a cogliere le incredibili delizie di quella terra privilegiata. Poi risalpate, pensosi per l'indugio colpevole; vi ripromettete di filar diritti fino alla meta,