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con dita di bimbo le conchigline e i granchietti fra la ghiaiola della riva.

Mi riposo sul mare. Passano sul cielo bianche nuvole e migrano. Se sollevo un poco la testa vedo tremare gli ulivi di Muggia: nient’altro. Il riposo è grande e infinito.

Una barca apre lenta la vela, si sbanda leggermente, e esita. Poi va, raccogliendosi il poco vento. Io sono qui, portato dallo smuoversi lento dell’onde increspate.

E il mare mi porta lontano dove io non veda altro che mare e cielo, e tutto sia zitto e pace. Apro la bocca e fra i denti mi scorre l’acqua salsa, e il corpo si lascia calare lentamente nel mare.


Son qua per terra come un cane in agonia e i nervi mi si inturgidano per il bisogno d’amare, e stiro la testa come se un capestro mi si avvincolasse sempre più stretto intorno al collo. Poi balzo in piedi e guardo nella notte. Dove sei creatura bella che un giorno mi devi amare? Guardi nella notte? Sotto le stelle l’aria ha uno scintillío come di specchio e noi ci vediamo.

Creatura fresca, dentro all’anima tutto è speranza di vita come in un bosco sotto la calura. La piccola erba carezza il ceppo rugoso, tremando nell’aspettativa. La terra mormora, l’acqua è vicina. Ecco l’acqua, la fresca acqua. E tu sei qui fra le mie braccia, creatura.

Io ti posso baciare perchè mi sono conservato puro. Ho sofferto e pianto per te. Ora è agosto, e i rami rigurgitano di succo e si drizzano smaniosi. Io voglio abbrancarti furioso e sentire questa tua carne intatta torcersi