Pagina:Il mio Carso.djvu/79


— 71 —

centrale del vagone. Stanco? Non so più niente, ora. Non sono più in città. Non ho più obbligo di dimostrarmi perchè faccio questa o quella cosa. Sono una bestia irrazionale. Scampagnata, gita, fuga, pazzia, leggerezza, sciocchezza: non so; so che vado sul Secchieta dove c’è la neve. Scendo dal treno, e respiro.

Su per gl’intrigati viottoli de’ carbonai, che qui là si allargano in uno spiazzo nero. Dove vado? La collina nasconde Vallombrosa. Bene, se non mi sperdo; se mi sperdo, meglio. Tocco vecchi castagnoni senza midollo nè carne; l’elleboro nero è fiorito. Forse i miei occhi troveranno tra le foglie brune e il musco la prima primola, accanto alla macchia di neve.

Allenta il passo: l’animo si può ingrassare rapinando la natura. Tutto è fiorito d’immagini intorno a te. Stendi la mano! Non i getti del rovo tu tocchi, nè il cespuglio tenace delle ginestre, nè i sassi della terra: accarezzi e ti pungi del tuo spirito, che è svolato via da te a crearti il tuo mondo. S’è abbattuto contro l’oscuro amorfo, e ha piantato di colpo le sue radici entro di lui; onde il vento lo agita, rami invernali gonfi come pugno che più s’ingrossa come più si sforza in sè stesso; e i tuoi scarponi marchiano il terreno umido di linfa succhiata su in mille forme dal sole; e il tuo sguardo si spande fraternamente nel cerchio divino dei colli verdineri, sotto il cielo limpido e lieve che par s’elevi ― luce ― più in su dell’aria. Cammina amorosamente nel tuo regno meraviglioso.

Le case di Saltino. La prima neve nei fossi lungo il binario dentato. Dentro, gambe mie! È dura e crocchia come ossi fra i molari d’un cane. C’è degli alberi carichi