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all’incirca Nietzsche. Sono rimasto puro fisicamente per paura di malattie. Forse anche no. Del resto non importa. Mi sono fatto spiegare dai libri e dai compagni esperti, e ora sono qui nervoso ad annusare. Avrei gusto di vedere qualche scena: ma non c’è niente. Odor di piscio. Non ho coraggio di tener su la testa e guardare agli sburti.
Qua abbasso c’è le solite otto, nove che passeggiano con il loro andare di oche culone, incappottate sulla camiciaveste. Fin qui arriva il belletto rosso, qui comincia il viola del freddo, a zone. Come passo mi toccano il braccio: ― ‘Ndemo su mulo? ― Divento rosso, passo via senza rispondere. Mi fanno schifo.
Schifo terribile. Questa è la ragione. Specialmente i capelli e le mani. Sento un untume muschiato che non posso sopportare. Se no, non mi parrebbe niente. Capisco benissimo senza romanticherie. Io dò tanto; tu dai tanto. È pulito. Porca è la società che per pulizia ha chiamato ciò... amore. (I puntini non sono miei: ma della società. Io non adopero puntini).
Dal caffè dove bevvi petess la sera della calata, sbocca una comitiva di ominacci con barba, vestiti da donna; donne spanciate e altro negrume, urlando, saltando con fanaletti e bastoni. Mi tiro da parte. Sono contento di avere a casa un letto bianco, pulito, senza cimici.
Ma una donna, una femmina, per me, per avvoltolarsi insieme nel letto, per farla urlare di strette e morsi! Questo letto è troppo grande. Troppo soffice. È meglio dormire con una coperta per terra.