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dritte e elastiche come colpi di fionda. Aspra salsedine nelle pupille bionde dei tedeschi!

― Attenti! Serrare! ― Chè il nemico smaniante si butta addosso ai nostri primi e li affonda. Dagli! dagli! dagli! Giù. Sento sul collo l’unghiata di rabbia del tedesco setoloso e l’acqua che si rompe sotto il mio corpo. Tocco fondo. Due gambe mi tengono fisso quaggiù. Il mare turbina. M’accuccio, agguanto una gamba, e giù te, porco! ― Viva il Dagli! Da’!

Giù. Su. Dagli, dagli!

― Al largo! ― Steno è sparito dopo aver gridato l’ordine. Noi sappiamo perchè. D’improvviso uno dopo l’altro i tedeschi rapidissimamente piombano in fondo, tirati da qualche polipo mostruoso. ― È Steno! Viva Steno! Dagli!

Ora li massacriamo. Metri d’acqua si rovesciano sulle bocche affannose. Gli occhi biondi non vedono più. Si voltano e fuggono. E ora comincia il colpo della ritirata. Steno l’ha inventato, perchè il «Dagli!» non può dar quartiere prima della sponda.

Freddo, calmo, metodico colpo di ritirata! I tedeschi fuggono, ma uno per uno li stiamo dietro le spalle, e scattando nell’acqua con i piedi ci rovesciamo giù a braccia larghe intorno al loro capo. L’acqua aguzza rompe nell’orecchie, negli occhi, nella bocca, nel naso. Il tedesco respira. E sciampf! nella bocca aperta. E sciampf! negli occhi brucianti. Nelle sorde orecchie. Sciampf! Sciampf!

Viva il «Dagli!».

Chi resisteva al «Dagli!», amici d’una volta? Chi era capace di stare sott’acqua come Toci, quando il bar-