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Canterò la più vaga creätura,
L’occhio più blando, la fronte più pura,
          Il più pomposo crin,
La più compiuta imagine d’amore
Che mai rispose all’ideal del core
          E al concetto divin.


II.



O quante volte nelle lunghe sere,
Quando s’empion di musiche severe
I teatri del grigio carnoval,
Sognai nel cor d’esser caleide o giglio
Per respirare il languido sbadiglio
Che vaporava il suo volto fatal.





Essa pareva una madonna mesta
E più volte guatai se la sua testa
          Cingèa l’aureola d’or,
E nel vederla di quel nimbo mozza
Pensai che forse nella sua carrozza
          L’avea deposto allor.