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legittima l’influenza del Clero sul popolo e sulle pubbliche cose.
Pei cattolici ciò è di tutta evidenza. Essi riconoscono nel sacerdote un carattere sovranaturale, il quale in esso perdura costantemente. Il sacerdote non è tale solo nel tempio; anche fuori dell’esercizio del sacro ministero, egli rimane sempre prete. Tale qualità, che s’unisce alle doti sue personali di dottrina, di capacità, di esperienza e di virtù, n’accresce senza dubbio il prestigio agli sguardi dei fedeli e quindi anche l’autorità e l’influenza. Essi che ascoltano il prete in chiesa ed in confessionale, l’ascoltano con piacere anche fuori, massime in punti attinenti per qualche rispetto a morale ed a religione. Tuttociò è naturale e perfettamente legittimo. Quale cattolico potrebbe trovarci a ridire?
Nè varrebbe l’affermare, che i preti non sono competenti, che non conviene s’immischino negli affari civili e pubblici, che ciò torna a scapito di loro dignità. Adagio, cari miei. Vi sono dei punti anche nelle materie civili, nei quali i preti sono competenti e se ne intendono meglio di chicchessia: come avviene dei punti tutti in cui è interessata la religione e la morale. Ad esempio in fatto di scuole, d’insegnamento e d’educazione, punti di sommo rilievo perchè la gioventù sia cristianamente allevata, i sacerdoti sono più d’ogni altro competenti. Nelle altre materie poi i preti possono benissimo intendersene ed essere capaci di giudicare al paro ed anche più dei laici. Non può un avvocato sapere anche di musica? Ed un ingegnere intendersi di lettere? Ed un medico di agricoltura? Così può un sacerdote possedere un corredo di cognizioni svariatissime, come per molti di essi avviene.