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332 | il dottor antonio |
la morte. O fosse mai, che al momento decisivo, a faccia a faccia col sottoposto abisso, sia venuto meno il coraggio al prigioniero? Tre anni di tortura, quale si pratica sul fisico e sul morale nelle prigioni di Napoli, sapevasi che avevano indebolito altri cuori nobili e intrepidi come quello di Antonio.
Mentre a bordo dello yacht e del battello queste congetture si discutevano con tremulo bisbiglio, la vasta massa del castello diveniva ogni momento più distinta per il progressivo albeggiare dell’orizzonte. Altri dieci minuti, e sarebbe troppo tardi per il battello il ritirarsi senza destar sospetti; però il Diplomatico e Battista ripresero di nuovo i loro remi, e lasciando cautamente la lor pericolosa situazione, navigarono verso lo yacht, e dopo poco più di un’ora, una portantina depose lady Cleverton nella sala della sua villa. Battista intanto passeggiava su e giù nella sua povera casa, presso il porto, aspettando colla più viva impazienza l’ora che doveva recargli il suo misterioso avventore del castello, e con lui la soluzione dell’enigma della notte passata.
Venne alla fine, e con notizie che fecero cadere indietro come un briaco l’ansioso ascoltatore. Battista volò alla villa, e fu dall’atterrita Speranza introdotto immediatamente alla presenza di lady Cleverton. — «Egli non vuol uscire!» gemette il poverino stracciandosi i capelli e battendosi le mani. — «Egli non vuole uscire.» Questo era il fatto. Antonio aveva ricusato di fuggire, e il mal esito della notte passata era stata opera sua.
— «Questa è decisa pazzia!» esclama il Diplomatico. Lo sguardo a queste parole scambiato tra Lucy e Speranza fu pieno di un nuovo terrore. In quell’istante Battista stende a lady Cleverton un sudicio pezzo di carta. O gioja! era suo, benchè potesse dirsi appena di suo carattere. Le lettere erano formate di piccoli forellini nella carta. Queste poche parole, tracciate interamente all’oscuro, avevano costato allo scrittore un’intera notte di lavoro. Eccone il senso:
«Sono qui meco cinque altre nobili persone, la minima delle quali vale dieci volte più di me. Non posso abbandonarle. Voi non potete salvarci tutti, lasciatemi dunque al mio fato. La Provvidenza mi ha assegnato il posto fra quelli che soffrono. Forse le nostre pene saranno contate a salvezza del nostro paese. Pregate che sia così. Pregate per l’Italia! Dio vi benedica!
«Il vostro A.»