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ischia. 331

tiche di Battista in città non sono molte. Eccetto qualche casual compratore di tanto in tanto, pare si limitino a un uomo avanzato, sottile della persona, in povero abito nero; senza dubbio un abitante del castello, perchè si vede invariabilmente passare il ponte che unisce il castello all’isola, quando viene ogni due giorni alla casa di Battista a comprare le sue provvisioni di pesce. Battista a questa sua sola pratica mostra grande attenzione, lo chiama «suo caro dottore;» — diploma conferitogli di sua propria autorità da Battista; — tien sempre pronto per lui un bicchiere di lacrima-christi; — lo carica di pesce, e per soprappiù di misteriosi involtini; i quali ultimi l’avventore si ravvolge con grandissima cura attorno al corpo sotto i panni. Questi involtini sono matasse forti di seta, accuratamente preparate da lady Cleverton e da Speranza. Un’ora basterebbe per congiungere insieme centinaja di queste matasse, facendone una solida fune, con cui uno avrebbe potuto discendere da qualunque altezza.

Eccoci ora giunti al mese di maggio — quel fatal mese di maggio! La notte è scura quanto amanti o contrabbandieri potrebbero desiderare, e i neri contorni del torreggiante castello si discernono appena nel tetro fondo di un cielo nuvoloso. Un battello, nel quale stanno il Diplomatico e Battista, si avanza cautamente, con remi ravvolti di panno, fino al piede del massiccio edifizio, e prende posizione proprio dove lo scoglio cade perpendicolarmente nel mare. A un corto miglio dal piccolo porto d’Ischia sta ancorato il Perseverante. Nella cabina sul ponte stanno lady Cleverton e Speranza, mute come ombre. La loro ansietà è troppo grande per esprimerla con parole. Speranza in ginocchio a lato della sua amata padrona, le bagna con acqua le tempia. La vita di Lucy pende dall’esito di quest’ora.

Ogni orologio della città suona mezzanotte — le due donne nello yacht fissano gli occhi nella direzione della fortezza; — i due uomini nel battello tengono i loro occhi fissi in alto; — non un movimento, — non un suono. Anche un’altr’ora — un secolo — è passata, e regna pure la stessa quiete di morte. Che vuol dir mai questo ritardo? Mezzanotte era l’ora convenuta; la limatura delle catene del prigioniero, e delle sbarre di ferro della finestra, dalla quale deve tentar la fuga, aveva a occupar solo venti minuti. Possibile che tutto sia stato scoperto? Ma se ciò fosse, si sarebbe udito qualche allarme, qualche colpo di fucile, qualche suono di voce — almeno si sarebbero veduti dei lumi: — eppure tutto rimane scuro e quieto come