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meno per la libertà della difesa (Navarro si contorce e si agita sul suo seggio) assicurano anticipatamente ad un uomo nella mia situazione. Quando la Corte rigettò le deposizioni a mio discarico, lasciommi il diritto di domandare che venissero ascoltati que’ medesimi testimoni in prova di quelle stesse rejette deposizioni, ogni volta la necessità o l’utilità dell’ascoltarli apparisse nella discussione pubblica. Ora di questo diritto concessomi io mi prevalgo. Quando la Corte respinse la mia domanda speciale di reintegrazione nel processo di un documento che si riferiva a una pretesa lettera del marchese Dragonetti, la Corte riserbommi pure il diritto di ripetere verbalmente le deduzioni contenute in quel documento non prodotto. Lasciatemi ora approfittare di questa riserva, affine di mostrarvi la convenienza dell’ultima mia richiesta.»

Navarro gli fa osservare essere questi mezzi già stati ampiamente sviluppati nella sua difesa stampata, e che il ripeterli non avrebbe cagionato se non una inutile perdita di tempo alla Corte.

Poerio: — «Il tempo che voi spendete in ascoltar la difesa è tempo speso ad un fine nobilissimo; nè voi ve ne dorrete, onorevole Presidente, se servirà a convincervi della mia innocenza e della scellerata animosità de’ miei nemici. Signori, nelle mie deposizioni a discarico ho fatto appello alla testimonianza di persone eminenti, Cardinali, Ambasciatori, Ministri, Generali, ecc. Ho ricorso ad essi perchè deponessero delle mie opinioni, come de’ miei atti nella pubblica vita. Questo Iervolino, uomo che ha venduto la sua anima alla fazione che ha deciso perdermi — questo tipo di tutti i vizii, osa colla più insensata e la più vile delle calunnie, insozzare quarantacinque anni di una vita modesta, ma intrepida e virtuosa. Potete voi, dopo aver ascoltato costui, negarmi il modo di giustificazione? Se la lista de’ testimoni da me prodotta è troppo lunga, ristringetela nella vostra sapienza, non li rigettate tutti sotto pretesto che sono troppi... Non mi private del modo di rivendicare — cosa per me essenzialissima — l’onor mio.

E ora vengo alla mia ultima domanda. Il 24 luglio 1849, sei giorni dopo il mio arresto, fui chiamato la prima volta innanzi al Commissario Inquisitore, e mi fu ordinato aprissi una lettera sigillata direttami per la posta, attribuita al marchese Dragonetti. Non appena vi ebbi gittato lo sguardo, vidi subito la vile imitazione del carattere di Dragonetti. Vi erano fra le carte a me sequestrate alcune lettere genuine di Dragonetti, che io produssi. Il Commissario Inquisitore o i suoi assistenti le paragonarono con quella da-