Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
324 | il dottor antonio |
potrebbe risultare dalla sua prima delazione; ma più tardi, e quando Poerio non era più Ministro. Certo non prima del 16 maggio 1848.
— «Come dunque, essendo fuori d’uffizio, poteva Poerio esser utile al denunziante?»
Risposta. — Raccomandandolo agli altri Ministri.
Poerio. — «Il denunziante afferma ch’egli faceva visite quotidiane in mia casa. Dove aspettava? Alla porta, nella via, nella sala, nell’anticamera, o nel mio gabinetto?»
Risposta. — Da principio, qualche volta alla porta della via, o nella sala, o nell’anticamera; ma poi divenuto più intimo era solito sedersi nella camera da letto di Poerio.
Poerio. — «Essendo così, il denunziante potrebbe nominare alcuno de’ Deputati, Pari, Magistrati, Ministri che mi onoravano di lor visite?»
Risposta. — Iervolino non si prese l’incomodo di conoscere il nome dei visitatori di Poerio, meno quello dei quattro scritti nella sua denunzia.
Poerio. — «Ma s’egli era solito passare tutta la sua mattinata in sala, egli dee aver conosciuti alcuni de’ capi dei vari dicasteri, i quali venivano ogni giorno a portarmi fogli da segnare.»
Risposta. — Iervolino vide una quantità di persone, ma non fece mai ricerca dei loro nomi.
Il presidente domanda all’accusato Nisco, se abbia nulla a dire. Nisco risponde: — «Devo osservare primieramente che è certo cosa strana, per dir poco, ch’io non sia stato mai esaminato neppur una volta intorno a questa pretesa setta. Dichiarai solennemente di non esser mai stato settario. Sorge un vile, me ne accusa dietro le spalle, mi si fa di questa accusa un mistero per tutto il tempo del processo preparatorio, cioè per quattordici lunghi mesi: e ora all’improvviso son richiesto di rispondere in pubblica Corte al vile calunniatore.»
Il Presidente lo interrompe, ammonendolo di non insultare il testimonio, che ha diritto di essere rispettato.
Nisco soggiunge: — «Costui non è un testimonio, è un denunziante — un delatore. Se non volete permettere che io lo chiami calunniatore, lo chiamerò col nome suo, e sarà cosa sufficiente, anzi lo stesso. Io dirò: è un Iervolino, nome che è la personificazione di tutta l’umana scelleraggine. Bene: questo Iervolino confessa di esser settario, confessa di aver prestato giuramento alla setta, di aver per un anno intiero ricevuto ed eseguito le commissioni avute da questa setta. Costui, dunque, è reo convenuto e confesso, e non può sentirsi quale testimonio. Venga