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comprovanti, non ne ha nessuna. Il commissario Maddaloni lo licenzia. Incomincia il processo, nè si pensa punto ad arrestarmi; e questo in un momento nel quale la Polizia arrestava non solo i capi pretesi, ma fino i complici pretesi membri della pretesa setta. Fui arrestato due mesi dopo, ma non in conseguenza della delazione di Iervolino; ma sì, come apparisce da un certificato inserto nel processo, perchè qualcuno aveva detto di aver sentito in casa dell’arciprete Miele che il barone Poerio e il duca Proto erano i capi della setta. Ma anche allora il commissario Maddaloni non istituì alcuna investigazione relativa alla denunzia di Iervolino; perchè Nisco, che era stato otto mesi in prigione, non fu esaminato neppur una volta intorno alla setta, nè alcuna delle persone nominate in quella denunzia e messe innanzi come miei complici e settarii. Atanasio, D’Ambrosio, Pacifico e il padre Grillo continuarono a vivere in Napoli senza esser punto molestati. E la Polizia non crede neppure adesso alla velenosa accusa di Iervolino, perchè di recente ha accordato libero passaporto ad uno dei denunziati, all’onorevole padre Grillo attualmente in Roma. Le calunniose accuse di Iervolino furono dissepolte solamente più tardi, per servire le male inclinazioni dei Commissarii di Polizia, che amano darsi l’aria di giudici inquisitori, e empire i processi delle segrete informazioni delle loro spie. Ma non pretendo di confutare adesso le falsità accumulate negl’infami rapporti di questo miserabile. Con vostra licenza, onorevolissimo Presidente, solo farò a lui alcune domande. Dove ho avuto io l’onore di far la prima volta la sua preziosa conoscenza? Fu egli introdotto presso di me da qualche amico? Venne solo o in compagnia?»

Risponde Iervolino di aver cercato Poerio nella sua dimora privata, quando era Segretario degli Affari Interni, per presentargli una petizione. Non vi fu introdotto, nè raccomandato da alcuno.

Poerio soggiunge: — «Costui equivoca su di un punto. Egli non venne in mia casa, ma all’uffizio; comunque, ciò poco importa. Asserisce di avermi sollecitato, mentre io era Ministro costituzionale della Corona, di arrolarlo ad una certa setta. Come seppe egli che uno de’ Ministri del Re era un settario? Come osò fare ad un alto dignitario dello stato una domanda che poteva costargli cara?»

Iervolino risponde che era un fatto pubblicamente noto, Poerio esser membro di una setta. Di più si rammenta ora, che non vennero le sue sollecitudini, per entrare nella setta, fatte immediatamente dopo che fu presentato a Poerio, come