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pace, a meno che fosse accettato il patto sine qua non, che nell’isola non avesse a tener guarnigione se non l’esercito siciliano. Furono nello stesso tempo convocati i Collegi elettorali per il 15 di marzo, e fissato il 25 per l’apertura del Parlamento.

Il Ministero napolitano, disperando interamente vincere le difficoltà dello stato delle cose, rinunziò allora al potere, e gli successe l’Amministrazione del 6 di marzo. La venuta al potere di uomini della qualità di Carlo Poerio, Salceti e Savarese, prometteva di portare a final composizione l’ardua quistione siciliana. Il 7 di marzo si tenne Consiglio di Gabinetto in presenza del Re — e v’intervenne, invitato lord Minto; nel quale Consiglio fu preparata una serie di atti e venne segnata una quantità di decreti, per i quali si credette potessero essere soddisfatti i Siciliani. La convocazione del Parlamento, già fissata dal Comitato di Palermo, fu dichiarata legale con un Atto di convocazione emanato dal Re per lo stesso giorno. Il Governo napolitano accordava alla Sicilia Parlamento separato, separati Ministri, ad eccezione del Ministro degli Affari Esteri; e l’uomo più popolare di que’ giorni, la personificazione, per così dire, della rivoluzione siciliana, Ruggiero Settimo, fu nominato Luogotenente Governatore dell’isola in nome di Ferdinando II. L’ufficio di Ministro speciale per la Sicilia, da risiedere in Napoli, e servir di mezzo di comunicazione fra il Governo dell’Isola e il Re, fu creato; e venne nominato a quella dignità il commendatore Scovazzo, siciliano. Ma il punto difficile e di sommo momento, che nessun altri fuori dell’esercito siciliano avesse a tener guarnigione nell’Isola, senza il consenso del Parlamento siciliano, fu lasciato interamente da parte. Dee parer cosa strana, come lord Minto, alla cui presenza quelle decisioni furono prese, non abbia messo in campo questa vitale questione. Pure, solo pochi giorni prima, cioè il 1.° di marzo, egli ne aveva scritto a lord Palmerston: — «I Siciliani, cercando porre le loro libertà sotto la garanzia de’ loro concittadini, sono giustificati dalla propria esperienza: chè difatti nel carattere e nella condotta del Governo attuale (di Napoli) non c’è nulla che meriti la loro fiducia.»

Quel silenzio inesplicabile intorno all’esercito — punto essenziale da risolvere — fu considerato dalla maggior parte de’ Siciliani come cosa piena di malaugurio; e annullò i buoni effetti che avrebbero potuto produrre le altre concessioni. Tale era la diffidenza prevalente contro il Governo napolitano, e il timore del suo tradimento, che l’unica probabilità di far tranquille le menti irritate stava nella rimo-