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274 | il dottor antonio |
CAPITOLO XXII.
Napoli.
L’agitarsi delle opinioni nazionali, dalla elezione di Pio IX e dalle prime riforme di lui, andato sempre crescendo lentamente, ma senza interruzione per tutta Italia, non era in alcun luogo divenuto più forte che in Napoli e in Sicilia. Mentre le crescenti domande di riforme non incontravano resistenza nel potere governativo di Roma, Toscana e Piemonte, il caso era molto differente a Napoli e in Sicilia. Quivi, all’opposto, una decisa opposizione ad ogni progresso stava in sulle armi pronta alla battaglia; e più di una volta le grida sincere di «Viva Pio IX! — Viva Ferdinando II e la Riforma!» avevano avuto in risposta scariche di moschetteria, ed erano state seguite da severe carcerazioni. La Sicilia, perduta la pazienza, veduta la sua moderazione, i suoi lunghi patimenti, e la sua fedeltà del pari spregiati, si risolvette alla fine di strappar di viva forza quello che colle petizioni e le proteste avevano fino a quel punto tentato invano di ottenere. Cavalleresca nella sua miseria, ella determinò al Re un giorno, fino al quale avrebbe aspettato l’esito della sua ultima domanda di giustizia; non curata la quale, avrebbe allora ricorso all’ultima ratio dei popoli e dei Re. Come era a prevedersi, la sfida fu trattata colla solita crudele indifferenza; e la Sicilia, esatta in tener parola, si levò in armi. Palermo incominciò; e il dì fissato la Sicilia era in piena insurrezione.
Questa notizia mise tutta Napoli sossopra. Fu come un fiammifero acceso gittato in fuoco latente. A migliaja il popolo si precipitò in via Toledo; a migliaja si accalcò sulla piazza avanti il palazzo Reale. Erano disarmati, è vero, e le loro grida pacifiche erano: «Viva il Re! Viva la Costituzione!» ma l’atto era minaccioso. A giudicarne dalle apparenze, il Re inclinava a riguardare quella effervescenza di opinioni popolari come una sfida personale; e non esitava punto di accettarla. Una grande bandiera rossa, che spiegavasi soltanto quale segno di guerra, fu veduta sventolare dalle torri del Castel Sant’Elmo. La moltitudine tenne la posizione presa, nulla spaurita dal brutto emblema, di