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250 | il dottor antonio |
la sua partenza era fissata pel posdomani. Aubrey potè invigilare a sua posta la sorella; Lucy stette impassibile. E difatti era tanto infelice, che, a quella notizia, si sentì quasi sollevata.
E purchè almeno ella gli possa dire: — «Grazie, dottor Antonio! Dio benedica voi e la vostra patria!» — purchè gli possa dir questo liberamente, come il cuore le suggerisce, senza ritegno, senza occhio che la invigili, Lucy partirà in pace. Questo pensiero continuo le sorge nell’animo, anzi non ha altro pensiero se non quello di ringraziarlo e benedirlo, pensiero che la stringe come una corona di spine alle tempia. Sarebbe troppa ingratitudine il non farlo, verso quest’uomo, che è stato tutto indulgenza e gentilezza e cortesia per lei. Un amico, un fratello, un padre, che avrebbe potuto far di più? «Benedetto voi e la vostra patria!» queste parole mormora a sè stessa, e vorrebbe scrivergliele; ma pajono troppo fredde su carta. E sicura che egli non ha idea della profondità della sua gratitudine, nè de’ sentimenti da lei provati. Pazza ch’è stata a non farglielo conoscere quando era tempo, — quando fra loro nessuna nube scura aveva interposta la sua ombra; in una di quelle splendide mattine trascorse conversando dimentichi sulla loggia, — in una di quelle sere a luce di luna passate in riva al mare, proprio sull’orlo dell’acqua, quando gli argentei flutti venivano con dolce mormorìo a lambir loro i piedi. Oh! quelle soavi passeggiate in giardino — quelle corse in battello sull’azzurro mare — quella benedetta gita a Lampedusa! Oh potesse richiamare un minuto, solo un minuto di quel passato!
Vane immagini, vani desiderii! il tempo trascorre inesorabile; ed è giunto il giorno, è vicina l’ora della partenza; nè Lucy ebbe mai l’opportunità di sfogare l’animo suo. Seduta sopra la sua poltrona di convalescente, guarda astratta e come trasognata dinanzi a sè. Aubrey e Antonio se ne stanno sulla loggia, e discutono la politica inglese nell’India; ma Antonio ha volto pallidissimo e parla con atti inusitatamente animati. Sir John passeggia per la stanza meditando un discorso di addio, e gittando di tratto in tratto uno sguardo sconsolato a sua figlia. La Hutchins affaccendata va su e giù, dentro e fuori, tutta in disordine ed agitazione: chè John Ducket, per lasciare il suo posto in cassetta al Capitano, era partito la mattina per Nizza; e la povera Hutchins aveva lavorato per due. A un tratto annunzia che i cavalli sono attaccati. — «Orsù, Lucy,» dice il Baronetto facendole coraggio. Aubrey sta a lato di sua sorella e l’ajuta ad alzarsi; la Hutchins osservando un