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al teatro. | 223 |
nuovi venuti. Sir John, precedentemente istruito da Antonio del modo usato in siffatte occasioni, lasciò scorrere un bello e compatto involtino di carta bianca nel piatto, il quale cadendo fece sentire un tintinnìo molto esilarante. L’aspettativa era al suo colmo, ogni collo allungossi, e si volse verso la tavola. Aristodemo fece di nuovo un inchino, si sentì per la mente una fiera ma fugace tentazione di dar di piglio all’involtino; però, vincendosi, si fece avanti su per una scala di legno, dirigendosi verso i due palchetti riservati. Qui si mise di nuovo le mani sul cuore, s’inchinò profondamente, e si ritirò senza volger le spalle come se fosse alla presenza di un re. Lucy depose il cappello; e appoggiandosi sul davanzale del palco, colle belle e ricche anella della sua chioma cadenti profusamente giù per le guance e il collo, eccitò un generale mormorìo di ammirazione da ogni parte, dalla platea e dai palchi.
Era un bel teatrino: splendidamente illuminato di candele di cera, e palchetti e platea pieni zeppi da soffocarvisi.
— «Tutta l’aristocrazia del luogo, ban e arrière-ban, sta al suo posto,» bisbiglia Antonio a Lucy.
— «Aristocrazia in Taggia!» disse Lucy sorridendo.
— «Sì, davvero, e una delle più altere aristocrazie,» osservò Antonio scaltramente. «A capo della lista sta una Marchesa, quella signora là, piuttosto avanzata, che pare — notate bene, dico solamente pare — non aver proprio nessuna pretesa. Questo palazzo e il teatro le appartengono, e la sua famiglia ha avuto la signoria del paese da tempo immemorabile. La Marchesa vi ha fatto questa sera il complimento di cedervi il suo palco.»
— «Quanta gentilezza!» esclama Lucy; «vorrei poterla ringraziare.»
— «Se vi piace, potete adottare la nostra moda italiana, e farle visita nel suo palco. Quel roseo naso e quella faccia gialla a sinistra adombrata da bianche piume, appartengono ad una Baronessa; e quel vecchio signore colla testa incipriata, che le parla all’orecchio, e si dà tant’aria d’importanza, è il Sindaco del paese. Quell’ardita figura, con occhi e capelli grigi, laggiù, che par così innocente...» — La descrizione di Antonio fu ad un tratto interrotta da un fischio acuto: e il sipario, alzandosi, scoprì allo sguardo Aristodemo, in quella attitudine particolarmente cupa, che pare la condizione normale di ogni eroe da tragedia. Ma tutti gli sforzi di Orlando per esprimere la disperazione officiale, non poterono vincere il giojoso brillar dello sguardo, in lui acceso dalla certezza di un introito enorm e. Aristodemo rappresentò la sua parte con intelligenza, e