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le sicilie. 179

era senza dubbio in grazia degli Inglesi. Non conveniva pertanto, in chi ne coglieva il benefizio, andar a cercare se fosse più vantaggio proprio, o generosità, nell’opposizione fatta ovunque dall’Inghilterra alla Francia. Che una flotta inglese avesse salvato il Re e la famiglia reale nel 1799; che il sangue inglese fosse stato largamente versato a Maida, e l’oro inglese speso liberamente per essi (chè dal 1805 in poi il Re aveva ricevuto l’annuo sussidio di trecentottantamila lire sterline, portato a quattrocentomila nel 1809); che da dieci a quindicimila soldati inglesi stessero nell’isola per proteggerli — erano tutti fatti notorii. Naturale era perfino l’aspettarsi almeno una politica sincera da chi aveva accettato cotali favori; ma non era la gratitudine, nè l’onestà comune, il carattere distintivo di Ferdinando e della Regina. Ebbero gli Inglesi alla fine sentore delle macchinazioni di Carolina, i particolari ne sono tuttavia ravvolti nel mistero; ma se ne trovano prove decisive fra le carte del Ministero degli affari stranieri a Parigi.

«L’Inghilterra, fino dal 1810, restò spettatrice attenta, ma passiva, di quanto accadeva nell’isola. In quell’anno bensì cominciò ad agire. Lord Amherst fu richiamato, e spedito in sua vece lord Bentinck, in qualità di Ministro plenipotenziario della Gran Bretagna, e Comandante in capo delle forze inglesi nel Mediterraneo.

«L’ambasciatore inglese trovò Palermo agitatissima per una nuova offesa fattale dalla Corte proprio il dì prima dell’arrivo di lui. Esaurita l’indicata somma votata l’anno precedente dal Parlamento siciliano, il Re, eccitato dalla Camarilla, risolse di ottener nuovi sussidii senza incomodare i rappresentanti della nazione. Il Consiglio di Stato, composto, ad eccezione di un solo, di Napoletani, fu radunato, e dalle sue deliberazioni uscirono tre decreti, da’ quali era stato messa Palermo in quel fermento. Col primo, tutte le proprietà territoriali dei Corpi religiosi o dei Municipii venivano dichiarate proprietà della Corona. E alfine di realizzarne più prontamente il valore, un secondo decreto ordinava una lotteria, per la quale erano distribuite in premii le terre nominate. Il terzo stabiliva la tassa dell’un per cento sui contratti di vendita di qualunque sorta.

«Generale fu l’indignazione eccitata da cotesti decreti, e il Parlamento se ne fece organo per manifestarla. Quarantatrè nobili del braccio de’ Baroni, segnata una forte protesta, la presentarono al Re. Non fece egli aspettar molto la risposta. La notte del 5 luglio 1811 furono arrestati e imbarcati per le carceri delle varie isole vicine