Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
le sicilie. | 177 |
menta; e nessuno più di quel di Napoli. Si potrà ora mai credere che venne scelto quel momento per menare un colpo alle nostre antiche libertà, e così alienare dal re i fedeli Siciliani? Il Governo napolitano, unito alla coalizione contro la Francia, inteso a radunar danaro, il nerbo grandissimo d’ogni guerra, fece allora ricorso al nostro Parlamento per un sussidio mensile di ventimila once (diecimila lire sterline), per il tempo che sarebbe stato necessario. Il Parlamento siciliano componevasi di tre parti, detti bracci, cioè braccia e rami dello Stato: due la nobiltà e il clero, e il terzo i vassalli della Corona; e per la validità delle risoluzioni era necessaria la maggioranza assoluta. Il Clero e la Nobiltà non si opposero al sussidio, ma sì a che rimanesse indeterminato il periodo della sua durata. I dipendenti dalla Corona votarono soli senza restrizione la tassa: e re Ferdinando, con audace abuso di potere, ordinò allora che il voto de’ suoi vassalli valesse come il voto di tutto il Parlamento.
«Tuttavia questa prima violazione de’ nostri diritti cadde a terra da sè; chè nel momento in cui stava per iscoppiare in Sicilia una fiera resistenza, la disfatta dell’esercito austro-napolitano sotto il generale Mack, lasciò Napoli a discrezione dei Francesi, e la Corte e i suoi aderenti furono costretti a rifugiarsi a bordo delle navi inglesi da guerra che si trovavano nella baja.
«Scampati a molti pericoli in terra, i reali fuggitivi dovettero incontrare i pericoli di mare. Una fiera tempesta surse due giorni dopo il loro imbarco, durante la quale uno de’ giovani principi spirò; ma gli altri furono alla fine sbarcati a salvamento in Palermo. — «Uomini di Palermo, gridò la regina Carolina pigliando terra, volete voi ricevere la vostra Regina?» in quelle circostanze il malcontento di prima fu dimenticato, e successe un entusiasmo generale; e Ferdinando e Carolina vennero condotti quasi in trionfo al Palazzo Reale, e furono presto circondati di tutto l’usato fasto. Gli abitanti di Palermo fecero di tutto per le loro Maestà: cavalli, carrozze, argenteria, danaro furono forniti in abbondanza; chè confidavano i Siciliani quest’arrivo dovesse cementare una più stabile unione, e assicurare una durevole concordia fra la Nazione e il Sovrano. Ma furono presto disingannati. Nulla dirò di quel periodo di quattro anni dal 1799 al 1802, quando alla pace di Amiens la famiglia reale fu ristabilita sul trono di Napoli. Dovrei abbozzare con più deboli tinte il quadro che mi abbisognerà poi dipingere in seguito.
«Ferdinando e la sua famiglia, nel 1806 furono di nuovo
12 |