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siderava valevole il suo titolo, o sicuro il suo potere, se non era basato sopra un’elezione parlamentare. La grande obbiezione opposta ai Principi nella casa d’Angiò aveva per motivo l’esser essi stati imposti dal Papa e non eletti dalla nazione. Questa, e non altra, fu l’origine dell’irritazione che scoppiò nei Vespri Siciliani (1282). Il Parlamento, di sua libera volontà, chiamò allora al trono la stirpe d’Aragona nella persona di Pietro; e, in tempi più recenti, la Castigliana nella persona di Ferdinando il Cattolico. Nè è da omettere che alla morte di costui, il suo successore Carlo V, non fu immediatamente riconosciuto; ma soltanto nel 1518 ricevette l’investitura dal Parlamento, come i suoi predecessori, giurando di mantenere le immunità e le libertà siciliane. Parrà strano che l’autonomia siciliana sia passata illesa a traverso il fuoco di tre secoli di unione colla Spagna; ma cesserà la maraviglia, riflettendo che il vincolo onde congiungevasi Sicilia a Spagna, era piuttosto di nome che di fatto. Il trattato di Utrecht diede la Sicilia a Vittorio Amedeo di Savoja: il quale, da una clausola speciale, fu obbligato ad approvare, confermare e ratificare i privilegi, le immunità, i costumi, ecc., goduti dall’isola. Così le libertà della Sicilia vennero a formar parte del diritto pubblico europeo. Il governo di Vittorio Amedeo vi fu di corta durata; chè il cardinale Alberoni, poco più di vent’anni dopo, riuscì ad espellerlo; e la Sicilia liberamente si riunì di nuovo alla fortuna di Spagna. I Borboni, nel cominciamento del loro governo, strettamente osservarono il patto fondamentale; e i due regni di Napoli e di Sicilia continuarono indipendenti e distinti l’uno dall’altro, come durante il regno di Filippo II. Quando Carlo III ricevette in Palermo la corona di Sicilia e l’omaggio della Rappresentanza nazionale, alla sua volta prestò il giuramento di fedeltà alla Costituzione. Così fece il suo figlio e successore Ferdinando, che assunse il nome di Ferdinando III di Sicili», e IV di Napoli; affinchè fosse la distinzione fra i due regni a tutti manifesta.

«Sotto la direzione dell’illuminato Tanucci (Ferdinando aveva ott’anni di età quando salì al trono) i primi anni di quel regno diedero generale soddisfazione ai sudditi, almeno nella Sicilia: e ciò spiega come la tempesta del 1789 passò sopra l’isola senza turbarne la tranquillità. Felice e sicura, con una Costituzione che le dava di far pacificamente le riforme necessarie, perchè avrebbe dovuto prender parte a una lotta, dalla quale non avrebbe mai acquistato niente di meglio di quello che possedeva? Intanto i troni della terra ferma d’Europa erano scossi fin dalle fonda-