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nel giardino. | 161 |
per giustizia alcuna altra causa. Scusate se mi riscaldo,» proseguì Antonio tornando al suo usato modo tranquillo; «ma se conosceste la centesima parte della devozione e dei sacrifizii personali fatti per questa terra fatale; senza altra accoglienza dal mondo fuorchè indifferente scherno; provereste, ne son certo, simpatia per le mie opinioni.»
Una lagrima spuntò sugli occhi di Lucy, mentre rispose: — «Ma le vostre opinioni mi sono di già simpatiche. Però desidererei ardentemente esser da voi informata appieno delle cose della vostra patria.»
— «E il farò un giorno o l’altro, almeno quanto alla Sicilia,» disse Antonio; «ma adesso avete bisogno di un po’ di riposo. Ecco che viene il Maestro di disegno.»
Il Maestro di disegno, in compagnia di sir John, traversava di fatto frettoloso il giardino, discorrendo ad alta voce e accompagnando i suoi detti con gesti agitati. Se non fosse stato sir John, quell’ometto dalla grossa testa, malgrado il forte chiamare del dottor Antonio, sarebbe passato senza nemmeno accorgersi di miss Davenne e del suo cavaliere.
— «Che è mai avvenuto?» sclamò il Dottore.
— «Un fatto di sì rara impudenza, da vincere l’immaginazione!» gridò il Maestro di disegno, e gittando il suo cappello per terra infuriato. — «Cose incredibili, orrende, mostruose! Potreste credere che essendo l’organista venuto da Nizza a metter su l’organo, il Conte, dopo tutte le sue promesse, rifiuta ora riceverlo, e bassamente nega di aver promesso dargli una camera nel suo palazzo! Lo nega, signore, malgrado la minuta de’ nostri atti del 19 novembre 1839, di cui scrissi io stesso ogni parola contemporaneamente sul luogo: — con questa minuta, io dico, messagli in faccia; il vile! l’avaro! lo nega. Ne voglio far diecimila copie di questa minuta, come di quella della riunione di stamane, e a ciascuna copia voglio aggiungere a lettere rosse questi versi di Berchet,» e con immensa enfasi li recitò:
«Sì, voglio spargere e distribuire queste copie per tutta la Riviera; e far fischiare questo nobile conte per le piazze e per le vie; lo voglio marchiare, e trasmettere alla posterità da quell’impudente impostore ch’è.»
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