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La fine del diavolo 441

genza, rinfaccia alla Chiesa di non essersi grettamente attenuta alla semplice e pura dottrina degli Evangeli, mostra di conoscer male la natura umana, e d’avere della storia, de’ suoi procedimenti e delle sue necessità un assai falso concetto. Il diavolo è un portato della storia, e come tale, dotato, finchè durano certe condizioni, d’invincibile e indomabile vitalità. La Chiesa, quando pure l’avesse saputo e voluto fare, non sarebbe stata in grado di soffocarlo e di sopprimerlo, giacchè egli perpetuamente si rigenerava nella coscienza dei singoli, e dalla coscienza dei singoli prorompeva con nuovo impeto nella storia. Immaginare nel medio evo una religione, non professata solo da pochi, ma comune a infiniti, e senza diavolo, sarebbe impossibile, come sarebbe impossibile immaginare in altre condizioni di tempi e di civiltà una religione senz’idoli, senza oracoli, senza sacrificii cruenti. Il diavolo del medio evo ha, senza dubbio, la origin sua e la sua radice in un dogma religioso anteriore a quella età; ma è quella età, presa nel tutto insieme del suo pensiero, delle sue istituzioni e de’ suoi costumi, che gli dà la pienezza del-