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La fine del diavolo 437

ribile, illuminato dai bagliori spaventosi dell’eterna fornace; in quella sarà molto se di passata se ne pronunzia il nome. Paragonate una chiesa moderna con una chiesa del medio evo. In questa il diavolo sotto tutti gli aspetti, in tutti gli atteggiamenti, dipinto, scolpito, intagliato, nei quadri, nei bassorilevi, negli scanni del coro, nei capitelli, nei fregi, sempre in iscena, personaggio immancabile di un dramma lungo e vasto quanto la storia stessa dell’umanità; in quella il più delle volte, non un’ombra, non un segno di lui.

Nessuno ora, viaggiando, teme più di capitare in tenebrose foreste, in solitudini alpine, in orrende spelonche, in laghi senza fondo, in gorghi di mare infestati da demonii traditori ed omicidi. Se un peccatore ostinato sparisce improvvisamente senza lasciar traccia di sè, a nessuno più viene in fantasia che il diavolo l’abbia preso pei capelli e portato a volo in inferno; ma si fanno indagini, si mandano avvisi, con la ferma persuasione che, o vivo o morto, egli abbia ad essere in un qualche luogo, non dell’altro, ma di questo mondo. Se si trova un