Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
334 | Capitolo undicesimo |
teologia più tollerante e più umana, da una teologia che ignora le sottigliezze della dialettica, e vien dal cuore per andare al cuore; e secondo quest’altra opinione la infinita misericordia di Dio non si ferma dinanzi alle porte dell’inferno, ma, come un raggio di luce benefica, penetra nell’abisso, e consola di alcun blandimento e di alcuna requie le torture inenarrabili dei dannati.
Il poeta cristiano Aurelio Prudenzio (c. 348-408?) parla, in un suo inno, di riposo conceduto alle anime dannate, la notte della risurrezione di Cristo. In un’apocrifa apocalissi di san Paolo, composta verso la fine del quarto secolo da un qualche monaco greco, si racconta una discesa dell’apostolo delle genti nel regno dell’eterna perdizione. Guidato dall’arcangelo Michele, l’apostolo ha già tutto percorso il doloroso regno, ha veduto i varii ordini di peccatori e gli aspri castighi a cui li assoggetta la divina giustizia, ha versato a quella vista lacrime di pietà e di dolore. Egli sta per togliersi all’orror delle tenebre, quando i dannati gridano ad una voce: “O Michele, o Paolo, movetevi a compassione